Dal mare in montagna…
Il Gran Sasso e Claude Monet, ecco la poesia di Giovanni Lalli nata una mattina d’inverno
A ben vedere”, continua, “i miei versi sono più appropriati a descrivere il dipinto di Monet che l’immagine della foto del Gran Sasso. In altri termini, ho prestato le parole a Monet. Sono i piccoli miracoli dell’arte, i corto-circuiti della grande anima universale, che agisce al di là dello spazio e del tempo, e quali che siano gli strumenti espressivi che si usano: parole, colori, suoni. Come ho riferito in risposta ad un commento, mi è capitato qualche anno fa di ammirare nel Musée d’Orsay, a Parigi, un quadro di Jean-Francois Millet, il grande paesaggista della Normandia, “Jeune fille gardant ses moutons” (Fanciulla a guardia delle sue pecore), e ho avuto l’impressione di avere di fronte un’immagine della campagna abruzzese di fine Ottocento”.
“Ho concluso che, al di là della maggiore o minore rassomiglianza dei paesaggi – francesi, europei o di altri luoghi -, nella grande tavolozza dell’anima i colori sono sempre gli stessi: si tratta di saperli usare in maniera da produrre un’opera d’arte, cioè da trasmettere un’emozione riconoscibile. Musica, pittura, scrittura sono timbri di un’unica voce: la poesia. La scrittura poetica, in qualche modo, li può riprodurre e ricomprendere tutti: si possono far vibrare le parole come le corde di un violino e dare alle descrizioni i colori del nostro vissuto. La poesia può diventare la vera lingua comune dell’Europa”.
Guardando il Gran Sasso una mattina d’inverno:
Scivolano sulla neve
i miei pensieri,
s’aggrappano sulla roccia
i miei ricordi.
Squarci d’azzurro
e d’infinito,
spruzzi di luce
e di mistero…
Folate improvvise
di emozioni…
volti a lungo
accarezzati,
voci antiche e
sempre nuove,
sguardi leggeri
e trasognati,
come ali
che volano
verso nidi riscaldati…
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